Disturbi alimentari - Daniele Amistadi Psicologo
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Disturbi alimentari

Disturbi alimentari

I Disturbi del Comportamento Alimentare, nelle varie espressioni che li distinguono, rappresentano la patologia più diffusa nella società occidentale dell’ultimo ventennio: è presente nel 5% della popolazione.

L’Anoressia, più di ogni altro disturbo alimentare, rappresenta l’estremizzazione di alcuni valori della nostra società: la bellezza è intesa come forma fisica e snellezza; il controllo del corpo e del cibo sono sinonimo di efficienza e di perfezione. Questo però non vuol dire che la cultura, anche nelle sue forme più estreme, sia la causa di tali patologie, ma solo che essa fornisce la cornice di riferimento entro cui situare il disturbo.

Sembra che un fattore cruciale nell’anoressia/bulimia sia, anche se in modalità opposte, il controllo. Non casualmente tali patologie si sviluppano nel periodo adolescenziale, in cui i mutamenti corporei sono molto forti, soprattutto sul versante femminile. La ribellione in tal senso si manifesta attraverso il controllo sull’unico elemento che rientra sotto il proprio dominio: il corpo, appunto.

Il trattamento dei disturbi alimentari richiede una cura collaborativa e coordinata in cui vengono affrontati tutti gli aspetti e ambiti del disturbo alimentare: salute fisica/peso, nutrizione, psicoterapia e riabilitazione sociale. Il disturbo del Comportamento Alimentare è un fenomeno complesso e multidimensionale. Non può, pertanto, essere affrontato solo da un punto di vista medico, dietetico o psicologico: è necessario un intervento globale e quanto più possibile interdisciplinare.

Definizione

Nei disturbi alimentari l’individuo sperimenta un’alterata relazione con il cibo ed una estrema preoccupazione riguardo alle forme corporee Implica pertanto un’alterazione dell’immagine di sè, disturbi emotivi e un insieme di comportamenti disfunzionali che ne derivano. La ricerca mette in evidenza che questo disturbo ha rilevanti basi neurobiologiche genetiche e relazionali, non rappresenta, pertanto, una “scelta di vita”.

Tipi di disturbi alimentari

  • Anoressia Nervosa;
  • Bulimia Nervosa;
  • Binge Eating Disorder (di cui il 65% in comorbidità con obesità);
  • Disturbo del Comportamento Alimentare non altrimenti specificato (di cui 20% soffre di obesità).

Conseguenze e sintomi

Anoressia nervosa: i criteri standard per una diagnosi di anoressia nervosa sono:

  • una magrezza estrema (non costituzionale ma volontaria), con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale (anoressico è un soggetto con peso sotto l’85% di quello previsto in base all’età ed all’altezza e/o l’indice di massa corporea (BMI) inferiore a 15,5).
  • Una forte paura di ingrassare anche in presenza di evidente sottopeso.
  • Una preoccupazione estrema per il peso e l’aspetto fisico, che include sia un’alterazione del vissuto corporeo, sia un’importanza eccessiva al peso a scapito dell’autostima; o ancora il rifiuto di ammettere la gravità delle proprie condizioni fisiologiche.
  • Il non essere soddisfatti del proprio corpo (costituisce il fattore di rischio più elevato).
  • Nei pazienti di sesso femminile, un’amenorrea (sospensione del ciclo mestruale) da almeno tre cicli consecutivi dopo il menarca. Il disagio psicologico può esprimersi attraverso l’ansia o la depressione.

È possibile individuare due sottotipi di anoressia nervosa:

  • Restrittivo;
  • Con condotte di eliminazione (quali vomito autoindotto, uso di lassativi, diuretici, o clisteri).

Bulimia nervosa: clinicamente la bulimia è denotata da episodi in cui il soggetto sente un bisogno compulsivo di ingerire spropositate quantità di cibo, correlati da una spiacevole sensazione di non essere capace di controllare il proprio comportamento.
È frequente negli adolescenti e nei giovani adulti. Colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile (90%).
Generalmente compare attorno ai 12-14 anni (tarda preadolescenza) o nella prima età adulta (18-19 anni).

I criteri diagnostici sono:

  • Ricorrenti abbuffate;
  • Il consumo di una grande quantità di cibo;
  • La sensazione della perdita di controllo;
  • Comportamenti compensatori: il vomito autoindotto (che può essere provocato anche dopo un qualsiasi cibo), l’assunzione di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri farmaci tiroidei, il digiuno ed eccessivo esercizio fisico;
  • Frequenza: perché si possa diagnosticare la bulimia nervosa, le abbuffate e le condotte compensatorie devono manifestarsi almeno due volte la settimana per tre mesi. Ciò implica una dipendenza;
  • Preoccupazione smisurata per le forme corporee e il peso: l’autostima viene decisamente influenzata dalle forme e dal peso corporeo,si sente l’esigenza di seguire sempre una dieta ma si ha, nonostante ciò, il terrore costante di ingrassare.

Può verificarsi:

  • Con condotte di eliminazione, che vede il soggetto ricorrere regolarmente a vomito autoindotto oppure all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.
  • Senza condotte di eliminazione, che vede il soggetto bulimico adottare regolarmente comportamenti compensatori inappropriati (digiuni o/e intensa attività fisica), ma non dedicarsi al vomito autoindotto o all’uso di lassativi, diuretici o enteroclismi.

Gli episodi bulimici possono essere scatenati da alterazioni dell’umore, stati d’ansia o stress. In alcuni casi gli episodi bulimici possono anche essere programmati anticipatamente.

Binge Eating Disorder: si presenta clinicamente con episodi di abbuffate tipici della bulimia nervosa, senza però mostrare i comportamenti compensa- tori tipici di quest’ultima. L’individuo affetto da tale sindrome ha come unico pensiero quello di ingerire qualsiasi tipo di alimento per calmare le proprie ansie,o qualsiasi emozione negativa anche se è consapevole che potrebbe essere nocivo alla sua salute. La persona che soffre di questo disturbo è spesso isolata, ha scarsa considerazione di sé e prova profondi sensi di colpa, ma l’aumento di peso rende ancora più difficile l’integrazione sociale e il disagio di questo soggetto.

L’EMDR: una terapia breve

L’importanza dello stress, dei lutti, del maltrattamento domestico, dell’abuso infantile, e di altri eventi di vita negativi come importanti fattori di rischio è ormai ampiamente riconosciuta dalla letteratura nel campo della psicologia e in particolare dei disturbi alimentari. L’ EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è un trattamento psicoterapeutico scoperto nel 1989 dalla psicologa americana Francine Shapiro. Utilizzato in origine per alleviare lo stress associato ai ricordi traumatici ha avuto negli anni abbondanti ricerche cliniche coinvolgendo psicoterapeuti, ricercatori della salute mentale, neurofisiologi. Oggi è considerato il trattamento evidence-based per i disturbi post-traumatici, validato da più ricerche e pubblicazioni di qualunque altra psicoterapia nel campo del trauma. E’ approvato, tra gli altri, dall’American Psychological Association (1998-2002), dall’American Psychiatric Association (2004), dall’International Society for Traumatic Stress Studies (2010), dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal nostro Ministero della salute nel 2003. Gli aspetti più noti dell’EMDR sono la rapidità di intervento, l’efficacia e la possibilità di applicazione a persone di tutte le età anche bambini e ragazzi. Particolarmente indicato nella cura delle conseguenze dei traumi, l’EMDR si è via via trasformato in un approccio sempre più raffinato, complesso e globale, in grado di affrontare gran parte dei disturbi come i diversi disturbi alimentari.

Come può aiutare l’EMDR?

Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione di tutte quelle esperienze angoscianti legate alla storia della persona e che possono essere causa della sintomatologia ansiosa. L’approccio EMDR offre l’occasione non solo per rielaborare i traumi del passato, ma anche per potenziare le capacità personali e le risorse individuali, aumentando l’autostima per affrontare le sfide della vita quotidiana e per risolvere i sintomi, spesso cronici dei disturbi alimentari.